Domestic Austerity

Oriana Persico
4 min readMar 13, 2022

Ovvero: stili di vita al tempo della guerra in Ucraina (e del riscaldamento globale).

Da martedì scorso Salvatore ed io non accendiamo i riscaldamenti. È un marzo con cieli blu, sole e un vento freddo che contraddice i colori che vedi fuori dalla finestre — e che ti fanno pensare: fico! è arrivata la primavera!

In realtà fa un cazzo di freddo (più di febbraio), e c’è la guerra.

Una guerra che scorre su tanti livelli, come ogni fenomeno complesso, e che non possiamo ridurre a semplicistiche interpretazioni.

Uno di questi è il gas.

Se fossi il governo… beh, sì lo so, è un po’ tanto dire che “io” sia il governo: ma sto immaginando con il naso per aria. Comunque due cose le avrei fatte al volo, ma proprio di buonsenso e solidarietà praticata:

  1. proclamato senza indugio uno stato di emergenza. Austerità: tutti a stecchetto di riscaldamenti (meno eccezioni come gli ospedali per motivi ovvi). E misure straordinarie per la circolazione delle macchine;
  2. allungato tutte queste folli scadenze per i bonus energetici: rifatevi le case fino al 2030, con calma e senza inflazionare il mercato (che ormai la gente fa a botte per i tubi innocenti…). Perché, abitanti del pianeta terra, questo è solo il primo degli inverni freddi che vi beccherete.

Ma infondo, non è vero che abbiamo accettato senza battere ciglio il lock down nell’arco di pochi giorni? Niente, però, si muove così in fretta –così decisamente, così drasticamente– né davanti alla guerra, né davanti ai rincari delle bollette, né alle previsioni degli scienziati sul cambiamento climatico.

Il virus ci entrava nel corpo: questo nostro bordo, quel confine individuale che ci fa sentire.

Abbiamo corpi insensibili al nostro ambiente.

Così Sal e io facciamo esercizi, per esempio per quando il gas sarà troppo caro o finito (salvo auspicabili rivoluzioni nell’approvvigionamento dell’energia). E per sentire che la guerra ci arriva in casa. Che è meno confortevole: stiamo tutto il giorno con la sciarpa e i calzettoni da montagna ai piedi, e spesso ci ritroviamo sotto le coperte anche a lavorare, perché infagottati nel piumone il freddo scompare.

Il risultato della nostra austerità domestica autoproclamata è che ci abbracciamo persino più del solito.

NB

Altri esercizi possibili:

  1. doccia fredda (fatto esperimenti per lavare i capelli, ed è fattibile): lavarsi con acqua fredda fa indiscutibilmente bene alla circolazione e rassoda. Ma… ancora non ce la faccio (anzi la doccia resta il mio dark side energetico: mi piace lunga e calda)
  2. alzarsi all’alba per usare tutta la luce del sole possibile e ridurre le attività al buio: questa è una misura molto radicale che mi lascia dubbiosa rispetto a tutto ciò che avviene di notte, inclusa la trasgressione…
  3. spegnere il frigo: questo se hai un buon mercato vicino e degli orari flessibili di vita e lavoro è fattibile (lo abbiamo fatto noi per anni quando vivevamo a Monteverde);
  4. cucinare il più possibile cose crude: è difficile, abbiamo provato il crudismo ed è durato qualche giorno con scarso godimento personale del nutrirsi… Si possono comunque prendere accorgimenti in questo senso, come non usare o usare poco il forno eccetera…
  5. abbandonare la macchina. Anche questo dipenda molto dal quartiere dove vivi, dal lavoro e da altre variabili diverse dalla sensibilità o dal desiderio. Per esempio Torpigna non aiuta: se devi uscire dal quartiere la macchina è terribilmente appetibile

Ovviamente se ci pensate su, ve ne vengono in mente altri: personali, piccoli, grandi... E ovviamente questa lista di “cose”, come il nostro atto di spegnere il riscaldamento, non risolvono il problema della guerra né del cambiamento climatico.

E non devono trarre in inganno: la cosa peggiore è buttare sui singoli problemi che riguardano i sistemi in cui i singoli vivono (esempio classico: è più efficace restituire le bottiglie di vetro e avere indietro 10 centesimi, che buttare il riciclo sulla morale e sulle persone e così via).

Il punto è indossare un abito, essere presenti, agire, esercitarsi a sentire e “mettersi in mezzo”. Possiamo essere piccoli, piccolissimi. Ma non insignificanti e passivi.

Il senso dipende dal modo in cui ci posizioniamo (situiamo) nel mondo, e il nostro mondo ormai è una palletta che scoppia di connessioni ed eventi ubiqui.

E dall’ecologia ho imparato una cosa: la “rivoluzione” (se mai servisse una tal cosa…) non è un’orizzonte futuro che in un qualche tempo si avvererà

È la vita di tutti i giorni. In uno stile di vita c’è un’intero universo, e in mezzo ci sei tu, con i tuoi gesti, le azioni, le cose ce mangi, che ti metti addosso, il modo in cui ti muovi.

Alla fine spegnere il riscaldamento si può considerare un fatto di stile: mi fa sentire figa.

(Lavorando con il Nuovo Abitare, ubiquamente insieme a Salvatore, Dani e Sigis, aka Daniele Bucci e Stefano Capezzuto)

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Written by Oriana Persico

cyber ecologist, cofounder at HER: She Loves Data + [ AOS ] Art is Open Source

Responses (1)

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Carissima, scusami ieri sera non avevo visto il link sotto il tuo post. Ciò che scrivi è musica per le mie orecchie. Sono anni che si parla di "decrescita felice", di diminuire sprechi, consumi. ma occorre metterci in discussione: a cosa siamo…

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